IL PRETORE
    Rilevato  che Quaglia Silvana e' stata rinviata a giudizio davanti
 a questo pretore per il reato di cui all'art. 372 del  c.p.  commesso
 in data 13 febbraio 1992 davanti al tribunale di Torino;
    Rilevato  che  il  difensore  dell'imputata, dopo aver espresso la
 volonta' di addivenire ad una  richiesta  di  applicazione  pena,  ha
 sollevato  preliminarmente  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 60, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689,  in
 relazione  all'art.  3 della Costituzione, nella parte in cui esclude
 l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive al reato di cui  all'art.
 372  del  c.p.  nella  formulazione originaria che prevedeva una pena
 edittale da sei mesi a tre anni;
    Sentito il p.m.;
    Ritenuto che la questione proposta  e'  rilevante  in  quanto:  la
 sanzione applicabile e' quella prevista dalla formulazione originaria
 dell'art. 372 del c.p. prima dell'aumento introdotto dall'art. 11 del
 d.-l.  8  giugno  1992,  n. 306, essendo il fatto commesso in data 13
 febbraio 1992 e quindi  la  pena  irroganda  potrebbe  rientrare  nei
 limiti  di  convertibilita'  previsti  dall'art.  53  della  legge n.
 689/1981; non sussistono condizioni ostative di carattere  soggettivo
 alla  applicabilita' della conversione della pena che potrebbe quindi
 di fatto essere applicata; la irrogazione di una sanzione sostitutiva
 determinerebbe  evidenti  conseguenze  in  senso   favorevole   sulla
 posizione dell'imputata;
    Ritenuto  che  la  questione di legittimita' proposta dalla difesa
 non e' manifestamente infondata in quanto:
      con le recenti sentenze n. 249 del  1993  e  n.  254  del  1994,
 dichiarative  della  illegittimita' costituzionale dell'art. 60 della
 legge  n.  689/1981  relativamente  alle  fattispecie  ivi   previste
 dall'art. 590, commi secondo e terzo e degli art. 21 e 22 della legge
 10  maggio  1976,  n.  319,  la  Corte costituzionale ha formulato il
 principio secondo cui risulta  carente  di  ragionevolezza  e  quindi
 lesivo  del  principio  di  uguaglianza  "un  complesso normativo che
 consente di beneficiare delle sanzioni sostitutive a chi ha posto  in
 essere,  fra  due  condotte  gradatamente  lesive dell'identico bene,
 quella connotata da maggiore gravita', discriminando  invece  chi  ha
 realizzato  il  fatto che meno offende lo stesso valore giuridico" ed
 ha espresso, nella seconda delle due sentenze, la necessita'  che  il
 legislatore  pervenga  ad  un'opera  di  coordinamento del regime dei
 divieti "sovrapponendo,  ove  cio'  sia  necessario,  un  sistema  di
 esclusioni  per  campo  di  materia,  in ogni caso rifuggenti da mere
 indicazioni nominative";
      l'art. 11, primo  comma,  del  d.-l.  8  giugno  1992,  n.  306,
 convertito   nella  legge  7  agosto  1992,  n.  356,  ha  introdotto
 nell'ordinamento l'art. 371-bis del c.p. e cioe' il delitto di  false
 informazioni  al pubblico ministero punito con la pena edittale della
 reclusione da uno a cinque anni, non prevedendo per tale  fattispecie
 alcuna esclusione di applicabilita' delle sanzioni sostitutive;
      si verifica, pertanto, nel raffronto fra la fattispecie prevista
 dall'art.  372  del  c.p.  ante  modifica  e  la fattispecie prevista
 dall'art. 371-bis del c.p. quella discrasia posta  dalla  Corte  alla
 base  delle  precedenti  pronunce di incostituzionalita' dell'art. 60
 della legge n. 689/1981, in quanto si e' in presenza di due norme che
 essendo  ispirate  alla  protezione  dello  stesso   bene   giuridico
 discriminano   in   senso   peggiorativo,  imponendo  una  disciplina
 ingiustificatamente  piu'  severa,  la  posizione  di  colui  che  ha
 commesso la violazione punita con la sanzione inferiore;
      se  e'  incontestabile il fatto che il legislatore compia scelte
 ben precise in ordine  alla  necessita'  di  tutelare  in  modo  piu'
 pregnante,  e quindi piu' severo, interessi di particolare importanza
 come quello del corretto funzionamento della  attivita'  giudiziaria,
 appare peraltro irrazionale che nell'ambito delle norme protettive di
 tale medesimo interesse si venga a delineare un sistema che penalizzi
 la  fattispecie  che  dal punto di vista sanzionatorio e' punita meno
 gravemente, come appunto si verifica nel caso prospettato;
      e' indubbio, infine, che sussista fra le due norme la richiamata
 identita'  di  interesse  protetto  e  cioe'  quello   del   corretto
 funzionamento dell'attivita' giudiziaria, in quanto se l'art. 372 del
 c.p.   intende   tutelare   la   veridicita'   e   completezza  delle
 testimonianze per evitare determinazioni fuorvianti nelle  decisioni,
 l'art.  371-bis  del  c.p.  e'  stato posto a presidio della corretta
 conduzione delle indagini giudiziarie si'  da  evitare  in  una  fase
 tanto  delicata  del  procedimento  errori  o  perdite  di  tempo che
 potrebbero essere esiziali per l'esito  dell'inchiesta  con  evidenti
 ripercussioni negative sulle successive fasi processuali;